Terapia fagica: i virus killer dei batteri contro la resistenza agli antibiotici

phage therapy

È di questi giorni la notizia che una 15enne con fibrosi cistica è stata curata da un’infezione da micobatterio resistente agli antibiotici grazie a un approccio terapeutico “moderno”, la terapia fagica. Che così moderna non è, dal momento che i primi esperimenti risalgono agli anni ’20 del secolo scorso. Ma solo recentemente la terapia fagica è stata riscoperta e proposta come una valida alternativa a quella antibiotica, in modo particolare contro i batteri resistenti. 

Antibiotici: maneggiare con cautela

Gli antibiotici hanno salvato moltissime vite, ma richiedono cautela. Se usati a sproposito o senza rispettarne tempi e dosaggi, si trasformano in un’arma a doppio taglio: i batteri imparano a difendersi, e una singola cellula resistente può dare origine a una progenie numerosa, un’intera popolazione per cui il farmaco è poco più che acqua fresca. Di fronte a questo problema, destinato purtroppo ad aumentare nei prossimi decenni, la scoperta di nuovi antibiotici dal 1980 ha subìto una battuta d’arresto. Le infezioni batteriche, che oggi fanno meno paura che in passato, potrebbero tornare più minacciose di prima, man mano che i ceppi resistenti aumentano e si diffondono. Ecco perché c’è bisogno di strategie sempre nuove, e una di queste potrebbe essere la terapia fagica.

Il ritorno dei fagi

I fagi sono stati scoperti in maniera indipendente da due microbiologi, Frederik Twort nel 1915 e Felix d’Herelle nel 1917. Sono dei virus killer dei batteri, ma innocui per gli esseri umani. C’era stata subito l’idea di sguinzagliare i fagi contro le infezioni batteriche, e con questa anche i primi successi. Ma i risultati seguenti non riuscirono a confermare l’efficacia della terapia, che venne presto abbandonata. Anche perché, dagli anni ’40 in poi, con il boom degli antibiotici, sembrava che nell’eterna lotta tra uomini e batteri fosse stato finalmente decretato un vincitore. Ma come avremmo scoperto poi, era solo una tregua. Ad oggi, i batteri stanno riguadagnando terreno: è tempo di correre ai ripari e riscoprire una vecchia tecnica.

Oggi ne sappiamo molto di più rispetto ai primi anni del Novecento. Probabilmente, la principale ragione dietro i fallimenti del passato, era la scarsa conoscenza della biologia dei fagi che avevamo a quel tempo. Ora questa terapia sta “tornando di moda” e ha già riscosso i suoi primi successi.

Pro e contro

Se paragonati agli antibiotici, i fagi hanno sia vantaggi che svantaggi.

Uno dei vantaggi è la specificità per il batterio ospite, che riduce notevolmente il danno alla flora batterica normale. Anche se la parola “virus” non è delle più rassicuranti, i fagi sono sicuri, con effetti collaterali bassissimi o assenti: innocui per gli esseri umani, possono replicare solo all’interno delle cellule batteriche e permangono nell’organismo solo fino a quando sono presenti i loro batteri bersaglio.

Ma non c’è il rischio che nascano anche in questo caso batteri resistenti? Chiaramente, sì. Ma l’altro grande vantaggio rispetto agli antibiotici è che i fagi sono agenti terapeutici “vivi”: anche loro possono evolvere per infettare i  batteri resistenti, in un testa a testa evolutivo che comunque riduce al minimo le possibilità di fuga batterica. Finora abbiamo parlato dei vantaggi dei fagi sugli antibiotici, ma non è detto che uno escluda l’altro: studi hanno dimostrato le potenzialità di una somministrazione combinata: addirittura, in alcuni casi, in presenza dei virus, i batteri resistenti sono tornati sensibili agli antibiotici.

Ma la loro specificità può essere anche uno svantaggio, rispetto a terapie ad ampio spettro che consentono di colpire contemporaneamente un maggiore numero di batteri. La somministrazione dei fagi potrebbe poi attivare una risposta da parte del sistema immunitario:  il nostro corpo inizierebbe a produrre anticorpi che li distruggerebbero in poco tempo, impedendone l’uso per lunghi periodi.  Altre criticità riguardano la scelta dei fagi (non tutti uccidono immediatamente i batteri) e la loro preparazione (è molto importante ridurre il rischio di contaminazioni).

Anche se non sostituiranno completamente gli antibiotici, i fagi potrebbero rappresentare un’arma in più contro i batteri resistenti.

Erika Salvatori

Fonti:

Catherine Loc-Carrillo1,2 and Stephen T Abedon. Pros and cons of phage therapy. Bacteriophage. 2011; 1(2): 111–114. doi: 10.4161/bact.1.2.14590

Kortright, K.E. et al. Phage Therapy: A Renewed Approach to Combat Antibiotic-Resistant Bacteria. Cell Host&Microbes. 2019; 25(2): 219-223. DOI: https://doi.org/10.1016/j.chom.2019.01.014

 

Terapia fagica, resistenza antibiotica

Login Form

Veterinary Immunotherapy and Translational Research

Contacts

  • E-Mail:

    Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

  • Veterinary Immunotherapy and Translational Research
  • C.F. 96451790586

VITARES
© Copyright 2024
All rights reserved