Vaccino Takis-Rottapharm: come funziona e perché è diverso dagli altri?
Ha preso il via la sperimentazione clinica per il secondo vaccino italiano, realizzato dall’azienda romana Takis in collaborazione con Rottapharm biotech. Si chiama Luca Rivolti e ha 21 anni il primo volontario vaccinato con COVID-eVax, il vaccino a base di DNA, diverso da tutti gli altri già autorizzati.
Si tratta in assoluto del primo vaccino di questo tipo a raggiungere la fase clinica in Europa. Sono 80 i volontari che parteciperanno alla prima fase della sperimentazione tra l’ospedale San Gerardo di Monza e il Pascale di Napoli. Lo scopo è quello di testare la sicurezza del vaccino e stabilire dose e numero di somministrazioni.
Vaccini genetici contro la pandemia
Takis è stata una delle prime aziende a intuire la pericolosità del nuovo coronavirus e a scendere in campo per la ricerca di un vaccino. L’azienda, specializzata nella ricerca di vaccini antitumorali, ha subito messo a disposizione le sue competenze e soprattutto una tecnologia – quella dei vaccini genetici a base di DNA – con le potenzialità per rispondere velocemente a una epidemia che in poco tempo sarebbe diventata un’emergenza mondiale.
I vaccini genetici sono stati i primi a raggiungere la sperimentazione e poi a ottenere l’autorizzazione da parte delle autorità regolatorie, poiché sono i più veloci da produrre. La sintesi di materiale genetico in laboratorio, infatti, richiede poco tempo ed è anche relativamente poco costosa. La sequenza genetica del virus è stata resa nota nel gennaio 2020, poche settimane dopo la notizia del primo caso di COVID-19. È stata quindi realizzata tempi record una la versione sintetica in laboratorio : il punto di partenza per un vaccino genetico, che non ha bisogno del virus intero.
Il vaccino a DNA
Il vaccino Takis è quindi simile, ma allo stesso tempo diverso, rispetto agli altri già autorizzati. Partiamo dalle somiglianze: tutti i vaccini hanno un bersaglio comune, la proteina Spike, che il coronavirus usa per infettare le cellule umane. Sono tutti vaccini genetici: non contengono il virus intero, ma solo una porzione del suo materiale genetico, che può essere sotto forma di RNA messaggero, incapsulato in particelle di grasso (Pzifer, Moderna) o all’interno di un vettore virale innocuo per l’organismo(Astra Zeneca, Reithera, Jhonson & Jhonson). Oppure, nel caso di Takis, a base di DNA.
Il vaccino COVID-eVax, realizzato dalla Takis, contiene solo un frammento di DNA di Sars-Cov-2 che codifica per una porzione della proteina Spike responsabile del legame con il recettore ACE-2 sulle cellule umane. Lo scopo del vaccino, dunque, è quello di stimolare la produzione di anticorpi che bloccano l’ingresso del virus nelle cellule, e di linfociti che distruggono le cellule infette.
Perché è diverso dagli altri?
Il DNA è più stabile dell’RNA: può essere conservato alla normale temperatura di un frigorifero o di un freezer, e in forma liofilizzata anche a temperatura ambiente. Può quindi essere facilmente trasportato anche nei paesi caldi e in via di sviluppo senza bisogno di mantenere la catena del freddo. È però una molecola più grande, perché al contrario dell’RNA, che è formato da un singolo filamento, il DNA possiede due filamenti e la classica struttura a doppia elica. Di conseguenza, per entrare nelle cellule ha bisogno di una procedura chiamata “elettroporazione”, che consiste nella somministrazione di una minuscola scossa elettrica che apre temporaneamente dei pori sulla membrana cellulare permettendo l’ingresso del DNA.
Il vaccino con la pistola
Il vaccino di Takis non viene somministrato con la classica siringa, ma con uno strumento simile a una pistola. La pistola contiene l’ago per iniettare il DNA, ma anche degli aghi con la funzione di elettrodi che trasmettono un impulso elettrico di pochi volt – paragonabili a quelli di una lampadina – nel sito di iniezione. La procedura dura in totale 35 millisecondi e non è dolorosa per il paziente, che in genere percepisce solo una pressione sul braccio e una piccola contrazione involontaria del muscolo. Non ha effetti permanenti: la sua funzione è solo quella di aprire dei pori transitori sulla membrana cellulare, che si richiudono subito dopo l’ingresso del DNA della cellula. Gli effetti collaterali sono probabilmente simili a quelli degli altri vaccini, o forse addirittura più lievi, dal momento che questo tipo di vaccino non contiene né un virus inattivato né eccipienti che possono causare reazioni allergiche. Può però comparire un piccolo livido al sito di iniezione e dolore al braccio.
Il vaccino non modifica il genoma umano
Il vaccino fornisce alla cellula le istruzioni per sintetizzare una porzione della proteina Spike, ma non modifica il DNA delle cellule umane. Il frammento, infatti, è contenuto in una molecola di DNA più grande a forma di cerchio, un plasmide. Il plasmide è quello che in biologia si chiama vettore di espressione: contiene cioè delle sequenze che segnalano l’inizio e la fine del gene che si vuole esprimere. Gli enzimi cellulari responsabili della lettura del DNA riconoscono queste sequenze e iniziano a produrre la proteina corrispondente. Il plasmide, quindi, rimane sempre separato dal genoma umano.
La possibilità teorica di un’integrazione esiste, ma ha una frequenza trascurabile, tanto da non essere mai stata osservata nelle valutazioni precliniche e cliniche dei prodotti a base di DNA. Il DNA plasmidico, inoltre, non rimane per sempre all’interno della cellula, ma viene perso dopo un certo numero di divisioni cellulari. La probabilità che un vaccino a DNA si integri nel genoma umano, insomma, è di molti ordini di grandezza inferiore alla frequenza di mutazioni spontanee, che possono emergere casualmente, in qualunque momento nel genoma umano.
Il meccanismo del vaccino
Le cellule del muscolo e le cellule immunitarie residenti al sito di iniezione iniziano quindi a produrre la proteina Spike, mimando quello che accadrebbe nel nostro corpo se ci fosse realmente un’infezione in corso. Ma la persona vaccinata non è infetta e non può contagiare nessuno: il vaccino, infatti, non può generare il virus intero. La proteina Spike, invece, è come un’impronta digitale, che insegna al sistema immunitario a riconoscere le cellule infette e soprattutto lo stimola a produrre anticorpi in grado di neutralizzare l’infezione da Sars-Cov-2.
I risultati preclinici
I dati preclinici del vaccino Takis sono stati promettenti: il farmaco ha stimolato la produzione di anticorpi nei modelli animali, che rimangono in circolo per mesi anche dopo una sola iniezione. Gli anticorpi, inoltre, sono stati capaci di neutralizzare il virus in vitro, ossia di impedire l’infezione delle cellule umane. Alcuni esperimenti hanno confermato che il vaccino previene i sintomi della malattia su animali che esprimono il recettore ACE-2, che permette l’ingresso del coronavirus nelle cellule umane.
Il futuro della lotta alla pandemia
Se i dati verranno confermati sugli esseri umani nella sperimentazione di fase I/II iniziata la scorsa settimana, prima su 80 e successivamente su 240 pazienti, l’azienda si preparerà per la fase III, che potrebbe iniziare nel prossimo autunno. Il vaccino Takis potrebbe essere usato, in teoria, anche come richiamo nei pazienti che hanno già ricevuto la prima dose di un altro vaccino. La possibilità di combinare due vaccini diversi dovrà comunque essere oggetto di test specifici.
Sarà fondamentale, inoltre, monitorare varianti del coronavirus che continuano a emergere. Nei laboratori di Takis sono già in corso esperimenti che per testare l’efficacia del vaccino sulle principali varianti isolate fino ad oggi: quella inglese, sudafricana e brasiliana. Il vaccino Takis, come anche i vaccini a RNA, ha però un grande vantaggio: può essere rapidamente aggiornato sulla base delle mutazioni emergenti del virus sostituendo solo alcune lettere della sua sequenza – un processo che richiede al massimo qualche settimana.
La pandemia COVID-19 ha accelerato lo sviluppo dei vaccini genetici e fornito una importante “proof of concept” che questo tipo di approccio funziona. I vaccini genetici rappresentano infatti degli strumenti efficaci per rispondere in maniera veloce alle pandemie che potrebbero colpirci in futuro e per i virus ad alta frequenza di mutazione.
Erika Salvatori
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